Perché la maternità, non è solo primavera…

La primavera.
I primi raggi di sole che scaldano la pelle, i fiori che sbocciano, il loro profumo nell’aria, la brezza leggera.
La primavera mi piace tantissimo, mi piace ancora di più da quando mi ha portato la mia prima bambina.

Proprio durante questa meravigliosa stagione, infatti, ho scoperto di aspettarla. Io e il suo papà l’abbiamo cercata, l’abbiamo voluta con tutto il nostro cuore e quando la primavera si è affacciata, con lei è arrivata Ginevra.

Era solo due lineette su un bastoncino, ma nel mio cuore sapevo che sarebbe stata la cosa più bella della nostra vita.

 

Non sapevo, ne immaginavo però, che con il suo arrivo avrei provato emozioni contrastanti e non solo quella immensa felicità che tutti descrivono.

Sarò davvero in grado di farlo?
Potrò accudire e far crescere questa cosina minuscola che dipende solo da me?
Questa le prime domande che mi feci tornata a casa dall’ospedale.

Poi ebbi dei giorni difficili, duri, facevo fatica anche ad alzarmi dal letto.
Un cesareo fatto d’urgenza, che aveva lasciato i suoi segni sulla mia pelle, il dolore della ferita che mi tormentava giorno e notte, il non aver visto nascere la mia bambina per colpa dell’anestesia totale mi faceva sentire meno mamma. L’allattamento che tutti mi dicevano essere favoloso a me non veniva affatto naturale. Sentivo dolore e quel dolore mi frenava.

Mi sentivo sbagliata perché invece di provare solo gioia per il suo arrivo, spesso mi ritrovavo a piangere per nulla, magari solo perché non si riusciva ad attaccare al seno, o perché non sapevo bene come prenderla per farle il bagnetto.

Se la notte piangeva io piangevo con lei, se strillava perché non le piaceva farsi vestire io pensavo che era per colpa mia, se aveva le coliche pensavo che era perché avevo sbagliato qualcosa nell’allattarla.

Questo non me lo aveva raccontato nessuno, cosa mi stava succedendo?

Tutti mi avevano descritto l’arrivo di un figlio come qualcosa che avrebbe portato solo sentimenti positivi e che non avrebbe lasciato spazio alla tristezza e io mi sentivo in colpa perché ,mentre i miei occhi nel guardarla vedevano la cosa più bella del mondo, nella mia testa ero assalita dall’ansia di non essere all’altezza. Avevo paura di non farcela a ricoprire quel ruolo tanto voluto e sognato.

Non parlavo con nessuno di questa cosa perché me ne vergognavo, poi un pomeriggio mia mamma, che aveva visto qualcosa che non andava in me, venne in camera e mi parlò. Le sue parole mi aprirono gli occhi, era normale, potevo sentirmi cosi, non stavo sbagliando. Era faticoso ma era normale.
Ecco come mi volevo sentire, normale. Volevo che i miei pianti di nascosto fossero normali che sentire fatica fosse normale che non amare l’allattamento fosse normale.

Oggi è di nuovo primavera e se guardo indietro sorrido. Sono passati cinque anni da quelle due lineette, Ginevra è cresciuta e anche un po’ per merito mio, è diventata una meravigliosa bambina ed è l’amore della mia vita.
Ho anche avuto la mia seconda figlia e con lei è stato molto diverso, con lei ero pronta, ero pronta al cesareo, ero pronta ai pianti, ero pronta a non sentirmi pronta per l’allattamento. Non ero pronta a tante altre cose ma le ho affrontate e superate con uno spirito diverso, sapendo che una madre si può anche sentire triste e stanca ma non e’ mai sbagliata per i suoi bambini.

Ecco perché oggi vi ho raccontato una parte segreta di me, perché se qualcuno mi avesse raccontato queste cose, magari non mi sarei sentita cosi spaesata, confusa e inadeguata in quel nuovo ruolo.

FOTO di www.thelifereportage.com

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